Lo spauracchio del Bail in ha costretto i risparmiatori ed i correntisti a doversi fare carico di una serie di analisi, concentrate sull’obiettivo di individuare le banche più sicure, visto che ormai il rischio di vedersi privati dei propri risparmi è diventato realtà.
Quindi se un tempo bastava affidarsi alle banche più grandi, laddove ‘grandezza’ veniva visto come un sinonimo di sicurezza e solidità (come ad esempio Unicredit o Bnl), ora la situazione si è fatta più complessa. Fortunatamente non si è privi di strumenti idonei a coadiuvare nelle fasi di valutazione e quindi di scelta. Tra gli indicatori (o ratio) più importanti troviamo il Cet1, risultanza dei vari accordi di Basilea, che si è rapidamente guadagnato un ruolo di primo piano per poter valutare la forza patrimoniale ed economica di un istituto di credito.
Il Cet1 è l’acronimo della definizione Common Equity Tier 1 ed ha sostituito un altro indicatore: il Core Tier 1. Per poter fornire delle indicazioni chiare va valutato insieme ad altri parametri, ma già da solo permette di avere una valutazione oggettiva della solidità finanziaria delle banche, mettendo in rapporto il capitale totale di una banca con gli investimenti (o attività) “ponderate per rischio” (vedi anche Investimenti sicuri in tempo di crisi ).
Il Cet1 è stato introdotto in modo graduale, ovvero la soglia di riferimento al di sopra della quale una banca è solida (mentre al di sotto è a rischio di default), è stata fissata per un periodo di rodaggio all’8%, che poi è destinato ad alzarsi (la procedura di avvio controllato seguirà delle tappe predefinite e si concluderà il 2018). Quando ci si trova davanti alla scelta se confermare la propria fiducia alla banca attuale, oppure cercare altrove, il Cet 1 permette di avere una prima valutazione: tanto più si è al di sopra della soglia minima, tanto maggiore è la solidità della banca. Ovviamente non si scende nel merito, ovvero non si hanno informazioni sul tipo di impiego del capitale per gli investimenti già in corso, per cui, come accennato, questo genere di informazione va ‘visto’ considerando altri due aspetti e cioè
facendo attenzione alle notizie su fusioni e dismissioni (che sono sempre più spesso funzionali alla liberazione di liquidità atta a migliorare il Cet1 e non solo);
guardando all’andamento nel tempo di questo dato, non valutandolo quindi in modo statico (ovvero senza riferirsi all’ultimo periodo): se la percentuale di questo indicatore si dovesse deteriorare, ci si deve allarmare, mentre una percentuale in miglioramento può indicare una strategia valida in un’ottica futura.
Molto interessante.