A chi ancora non lo sapesse, vogliano dire che il business della gestione del denaro degli altri è tra i più redditizi del mondo. Il settore del risparmio gestito (banche, società di gestione, sim – società di intermediazione mobiliare – e reti di promotori finanziari) guadagna enormi somme di denaro amministrando quello dei risparmiatori, senza esporsi a rischi. I rischi, infatti, sono solo dei risparmiatori quando sottoscrivono quote di fondi comuni nella speranza di ottenere un buon rendimento.
La gestione e l’amministrazione del denaro ha un costo. Le figure professionali sopra elencate si fanno pagare, e anche bene, attraverso le commissioni di sottoscrizione, di rimborso, di switch, di performance e di gestione. Le prime quattro possono anche non essere presenti, mentre le commissioni di gestione esistono sempre.
Queste commissioni sono la parte più gravosa che il risparmiatore deve sostenere e rappresentano la parte certa della remunerazione del gestore. Sono espresse in percentuale e vengono calcolate ogni giorno sul patrimonio netto del fondo, e prelevate di solito trimestralmente. Rappresentano, dunque, la remunerazione dell’attività di gestione del denaro che la società di gestione svolge per gli investitori. Una parte di queste commissioni viene poi redistribuita a banche e promotori finanziari per il lavoro svolto.
Le commissioni di gestione variano a seconda dello stile di gestione e della tipologia dei fondi (in pratica secondo il profilo di rischio). In presenza di una “gestione attiva” i gestori hanno un impegno ed un rischio maggiore rispetto ad una “gestione passiva”, la quale invece segue fedelmente il benchmark, e quindi la prima è più costosa della seconda. E così le spese saranno maggiori nei fondi azionari (possono arrivare anche al 2,5% annuo), rispetto agli obbligazionari (0,8-1,5%), ai monetari (0,5%) ed ai fondi di liquidità (0,15-0,20%). I fondi di fondi e le gestioni patrimoniali addirittura hanno doppie commissioni, in quanto, alle percentuali descritte prima, si aggiungono commissioni tra lo 0,2 e il 2%, che servono a remunerare il gestore per la sua attività di selezione dei fondi (fund picking). In pratica una gestione di fondi di fondi azionaria arriva a costare fino al 4-4,5% annuo.
Le commissioni di gestione, pensandoci bene, sono un compenso giusto, in quanto rappresentano la remunerazione che richiede la società di gestione a fronte della prestazione di un servizio, cioè la gestione del fondo. Quello che pochi risparmiatori non sanno però, è che la commissione di gestione viene applicata ogni giorno sul patrimonio complessivo del fondo, a prescindere dal risultato, quindi anche se sta perdendo. Vuol dire che vengono prelevate in caso di rendimenti sia positivi sia negativi.
Per capire meglio facciamo un esempio molto semplice. Immaginiamo di investire in un fondo azionario con commissione di gestione annua del 2,5% (prelevata alla fine di ogni trimestre). Se il fondo guadagna dopo un anno il 3%, significa che in sostanza, detratte le commissioni, ha guadagnato solo lo 0,5%. Se il fondo azionario ha perso il 2%, significa che, considerate le commissioni, ci troviamo dopo un anno con un bel meno 4,5%. I calcoli in pratica sono un pò più articolati ma la sostanza è quella descritta. Società di gestione, banca e promotore finanziario hanno sempre guadagnato senza rischio, l’investitore ha corso dei rischi e ha pure subito delle perdite.
Ecco perchè la banca ci chiama quando vede che abbiamo 20.000 euro sul conto corrente, insistendo sul fatto che non è conveniente tenere ferma tutta quella liquidità.