Conoscenza delle lingue, voglia di viaggiare, flessibilità e competenze trasversali. Questo in linea di massima è il profilo dell’export manager, l’esperto del mercato estero, figura sempre più ambita e richiesta nel mondo delle imprese. Secondo un sondaggio di Manageritalia, l’export manager spicca nel 33% delle piccole aziende, nel 45% delle medie e arriva addirittura al 63% in quelle grandi. Una professione strategica confermata anche dall’ipotesi (il decreto legge non è stato ancora approvato) di un credito d’imposta del 35% in tre anni per le aziende che ne assumono uno. La domanda c’è, tant’è vero che un’impresa su 5 dice di non poter andare all’estero perché priva, appunto, di export manager.
L’identikit dell’esperto di mercati esteri
Laureati in economia, giurisprudenza, ingegneria ma non solo. Il perfetto export manager non deve avere una formazione specifica, ma possedere alcuni requisiti che possono rivelarsi strategici in questa professione, primo fra tutte la conoscenza delle lingue. Inglese, spagnolo, e chi più ne ha più ne metta. Da non trascurare russo, cinese e giapponese: i nuovi mercati sono in continua espansione. Anche la conoscenza del settore in cui opera l’azienda è un fattore determinante. Infine, la disponibilità a passare almeno sei mesi l’anno lontano da casa va messa in conto per chi si occupa di export. Una descrizione completa delle competenze è disponibile in questa guida sull’export manager su Professioniecarriere.com. Tante sfaccettature per una sola figura, capace di adattarsi a molteplici situazioni e dotata di una buona dose di problem solving.
Una professione senza scuole
Il mercato premia questa figura versatile con un minimo di 40 mila euro lordi l’anno per una posizione junior, fino ai 180 mila di un direttore export. Una domanda in piena espansione confermata anche da Michael Page Italia, società attiva nella ricerca e selezione di personale specializzato, che riporta un 10% di assunti. Nello specifico, si parla di 40 inserimenti a partire dallo scorso gennaio.
La mappa dei mercati emergenti
Mentre in Cina l’indice manifatturiero ha appena segnato il settimo rialzo mensile consecutivo, i Paesi della penisola arabica, Nigeria e Corea del Sud cavalcano l’onda grazie ai bassi livelli di debito. Secondo le stime, poi, il Pil del gigante cinese nei prossimi anni supererà il 7%. Situazione “work in progress” invece per l’India, dove i risultati del rilancio dell’efficienza saranno da verificare. A dire il vero, alcuni Paesi emergenti non stanno passando un buon momento per il deprezzamento delle valute e le politiche monetarie restrittive. Un’impasse che accomuna, oltre all’India, anche Indonesia, Brasile, Turchia, Russia, Argentina, Ghana ed Egitto. Niente paura per l’export, però. Il made in Italy continua ad essere competitivo nonostante la crisi, ad esempio in Iran e Maghreb. All’export manager il compito di cercare nuovi sbocchi e creare opportunità dove ancora non ci sono.